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APPELLI del PAPA BENEDETTO XVI

per la PACE

2009-01-07

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CORRIERE della SERA

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2009-01-08

"Tregua a Gaza, la guerra non risolve"

Benedetto XVI al corpo diplomatico accreditato alla Santa Sede: auspico un immediato stop alle armi

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NOTIZIE CORRELATE

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Razzi dal Libano su Israele, Gerusalemme contrattacca (8 gennaio 2009)

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Il card. Martino: Gaza assomiglia a un grande campo di concentramento (7 gennaio 2009)

Papa Benedetto XVI (Ansa)

Papa Benedetto XVI (Ansa)

CITTA' DEL VATICANO - Le violenze di questi giorni in Terra Santa stanno provocando sofferenze soprattutto alle popolazioni civili, per questo è quanto mai urgente che torni - sotto la spinta della comunitá internazionale - la tregua nella Striscia di Gaza, anche perchè l'opzione militare, da qualunque parte essa provenga, non è mai una soluzione. È quanto ha affermato questa mattina Benedetto XVI nel corso del discorso pronunciato in occasione del consueto scambio di auguri per il nuovo anno con il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

"OPZIONE MILITARE? NON E' SOLUZIONE" - "La nascita di Cristo nella povera grotta di Betlemme - ha affermato Benedetto XVI - ci conduce naturalmente ad evocare la situazione nel Medio-Oriente e, in primo luogo, in Terra Santa, dove, in questi giorni, assistiamo ad una recrudescenza di violenza che provoca danni e immense sofferenze alle popolazioni civili". "Questa situazione -ha aggiunto il Pontefice - complica ancora la ricerca di una via d'uscita dal conflitto tra Israeliani e Palestinesi, vivamente desiderata da molti di essi e dal mondo intero. Una volta di più, vorrei ripetere che l'opzione militare non è una soluzione e che la violenza, da qualunque parte essa provenga e qualsiasi forma assuma, va condannata fermamente". "Auspico - ha aggiunto Ratzinger - che, con l'impegno determinante della comunità internazionale, la tregua nella striscia di Gaza sia rimessa in vigore - ciò che è indispensabile per ridare condizioni di vita accettabili alla popolazione - e che siano rilanciati i negoziati di pace rinunciando all'odio, alle provocazioni e all'uso delle armi".

"ELEZIONI PER LA PACE" - Il Papa ha espresso anche l'auspicio che le prossime scadenze elettorali che interessano la Terra Santa - le elezioni in Israele e il rinnovo della leadership palestinese di Abu Mazen giunto alla scadenza del mandato - portino alla guida dei due popoli dirigenti determinati a far progredire il processo di pace. "È molto importante che - ha affermato Ratzinger - in occasione delle scadenze elettorali cruciali che interesseranno molti abitanti della regione nei prossimi mesi, emergano dirigenti capaci di far avanzare con determinazione questo processo e di guidare i loro popoli verso la difficile ma indispensabile riconciliazione". "A questa non si potrá giungere - ha osservato ancora il Pontefice - senza adottare un approccio globale ai problemi di quei Paesi, nel rispetto delle aspirazioni e degli interessi legittimi di tutte le popolazioni coinvolte".

(Adnkronos)

08 gennaio 2009

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2009-01-08

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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2009-01-08

Dal Libano razzi su Israele Il Papa: per la pace servono leader nuovi

Alcuni razzi katiuscia sono caduti sull'alta Galilea occidentale, nel nord di Israele, in prossimità del confine col Libano. Si tratta di quattro razzi sparati dal sud Libano, caduti nei pressi di Nahariya. Alcuni feriti lievi fra gli israeliani.

E poco dopo l'esercito israeliano ha sparato in direzione del Libano in risposta al lancio di razzi.

Il contrattacco è stato annunciato da una portavoce dell'Esercito dello Stato ebraico, spiegando che sono state sparate cinque salve "direttamente e specificamente in direzione dei punti di partenza dei razzi", ma senza precisare il tipo di proietti impiegati per la rappresaglia. L'area al confine tra i due Paesi è la stessa che fu teatro della guerra-lampo dell'agosto 2006 tra le forze israeliane e le milizie sciite libanesi di Hezbollah; l'ultimo bombardamento con razzi dal Libano su Israele invece risaliva al giugno dell'anno scorso, ed era stato effettuato da estremisti palestinesi. L'odierno scambio di colpi è stato confermato anche da fonti delle forze di sicurezza di Beirut.

Un secondo lancio è stato smentito da fonti israeliane.

Il premier libanese Fuad Siniora ha condannato con forza poco fa il lancio di razzi. "Ciò che è accaduto al Sud è una violazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'Onu (che nel 2006 ha posto fine alla guerra tra Israele e Hezbollah)", ha affermato il premier citato dall'agenzia ufficiale Nna. "Il Libano respinge atti del genere. Il lancio di razzi è un comportamento inaccettabile ed è stato messo in atto da alcuni elementi che non vogliono la stabilità in Libano e vogliono

imporre al Paese qualcosa che esso non vuole" Azioni del genere "non sono utili agli interessi del Libano o dei palestinesi", ha continuato il premier che ha d'altro canto chiesto all'esercito libanese, in cooperazione con l'Unifil, di intensificare le necessarie misure "per impedire il ripetersi di attività del genere".

La forza dell'Onu dispiegata nel Sud del Libano (Unifil) ha intensificato le pattuglie nella sua area di operazioni in cooperazione con l'esercito libanese "per prevenire ogni ulteriore incidente", dopo che questa mattina almeno tre razzi sono stati sparati dal Libano meridionale contro il Nord di Israele.

Hamas si è subito chiamato fuori dal lancio di razzi che all'alba aveva colpito il nord d'Israele, negando qualsiasi coinvolgimento nell'attacco, che aveva a sua volta scatenato l'immediata reazione dello Stato ebraico, con bombardamenti di artiglieria sul sud libanese. "Non siamo in grado di attribuire l'accaduto ad alcuna fazione palestinese, non sappiamo chi abbia scagliato i razzi", ha dichiarato Raafat Morra, portavoce del Movimento di Resistenza Islamica in Libano. "Hamas", ha sottolineato, "persegue la propria battaglia all'interno della Palestina, e il nostro principio è quello di non servirci di nessun altro suolo arabo per rispondere all'occupazione. Questa", ha insistito Morra, "è la nostra ferma linea politica. Fondamentalmente", ha proseguito il portavoce del gruppo radicale palestinese, "la colpa di quanto sta accadendo è di Israele, perchè dopo il massacro di Gaza è impossibile tenere a freno il mondo arabo e islamico". Stando a fonti militari riservate, citate dai mass media dello Stato ebraico, in effetti sembrerebbe verosimile che i razzi, da tre a cinque, siano stati lanciati contro almeno tre località della Galilea non dalle milizie sciite di Hezbollah, ma da fazioni palestinesi presenti in Libano, a titolo di ritorsione per la massiccia offensiva israeliana in corso nella Striscia di Gaza per il tredicesimo giorno consecutivo. Secondo le medesime fonti, inoltre, si sarebbe trattato di un attacco isolato, non rispondente dunque a un'eventuale strategia di più vasta portata. Almeno cinque le persone rimaste ferite in Israele, tutte peraltro in modo lieve; le artiglierie hanno reagito in brevissimo tempo, sparando contro il territorio libanese cinque proietti.

Intanto, dopo le polemiche fra Vaticano e Israele. Gaza "assomiglia sempre più ad un grande campo di concentramento" e la risposta israeliana ("parole uguali ad Hamas"), il Papa parlando ai diplomatici in Santa Sede chiede che le prossime elezioni in Terra Santa portino "dirigenti capaci" di guidare il "processo di pace. È molto importante - ha detto - che, in occasione delle scadenze elettorali cruciali che interesseranno molti abitanti della regione nei prossimi mesi, emergano dirigenti capaci di far avanzare con determinazione questo processo e di guidare i loro popoli verso la difficile ma indispensabile riconciliazione. A questa non si potrà giungere - ha aggiunto - senza adottare un approccio globale ai problemi di quei Paesi, nel rispetto delle aspirazioni e degli interessi legittimi di tutte le popolazioni coinvolte".

07 gennaio 2009

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-01-08

Il Papa: "Israeliani e palestinesi eleggano leader che si impegnino per la pace"

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8 gennaio 2009

Papa Benedetto XVI saluta l'ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede Mordechai Lewy (AFP PHOTO/POOL/VINCENZO PINTO)

Benedetto XV è tornato a chidedere a gran voce la pace e la riconciliazione nell'ambito della crisi di Gaza, e lo ha fatto nel discorso di inizio anno al corpo diplomatico accreditato in Vaticano, un momento importante per cogliere le principali direttrici della politica estera della Santa Sede.

Papa Ratzinger si è espresso in favore di una tregua tra le parti in lotta, definendola "indispensabile per ragioni umanitarie", per ridare condizioni di vita accettabili alla popolazione palestinese della Striscia. Il Pontefice ha chiesto inoltre che "siano rilanciati i negoziati di pace rinunciando all'odio, alle provocazioni e all'uso delle armi". Il Papa ha ripetuto più volte che "l'opzione militare non è una soluzione e che la violenza, da qualunque parte essa provenga e qualsiasi forma assuma, va condannata fermamente". La proposta di Benedetto XVI, che è poi anche uno "scomodo" appello alle popolazioni israeliana e palestinese, è quella di eleggere (le elezioni in Israele sono alle porte) "dirigenti capaci di far avanzare con determinazione il processo di pace e di guidare i loro popoli verso la difficile ma indispensabile riconciliazione". "Oltre agli sforzi rinnovati per la soluzione del conflitto israelo-palestinese - ha sottolineato ancora il Pontefice - occorre dare un sostegno convinto al dialogo tra Israele e la Siria e, per il Libano, appoggiare il consolidarsi in atto delle istituzioni, che sarà tanto più efficace quanto più si compirà in uno spirito di unità". Il Papa si è espresso anche, sempre nell'ambito dei problemi della regione mediorientale, per una ripresa dei negoziati xon l'Iran sul nucleare, alla ricerca di "un dispositivo che permetta di soddisfare le legittime esigenze del Paese e della comunità internazionale", proprio per contribuire a favorire la distensione nella regione e, di riflesso, in tutto il mondo.

Sempre in tema di Medio Oriente, Papa Raztinger ha lanciato un appello per la cessazione delle ostilità verso i cristiani in Iraq, non dimenticando nemmeno le persecuzioni perpetrate a danno dei fedeli in India. Un appunto è stato rivolto anche alle società occidentali, spesso tentate, afferma il Papa, di contrastare le religioni con il laicismo: "Una sana laicità della società non ignora la dimensione spirituale e i suoi valori. Questo non è un ostacolo, ma piuttosto un solido fondamento per la costruzione di una società più giusta e più libera", ha detto Benedetto XVI, rinnovando anche la condanna dell'aborto, interpretato come un atto di violenza a danno dei più deboli. (M. Do.)

 

 

 

 

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2009-01-07

http://www.avvenire.it

 

 

L'OSSERVATORE ROMANO

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2009-01-07

http://www.vatican.va/news_services/or/home_ita.html

All'Angelus il Papa chiede un'azione immediata per porre fine al conflitto e alle sofferenze delle popolazioni

La guerra e l'odio

non risolvono i problemi

Un'"azione immediata" per porre fine al conflitto nella Striscia di Gaza: l'ha chiesta il Papa all'Angelus di domenica 4 gennaio, in piazza San Pietro. Benedetto XVI ha ribadito che "la guerra e l'odio non sono la soluzione dei problemi" e ha sottolineato che proprio il rifiuto del dialogo genera le situazioni di sofferenza che oggi "gravano indicibilmente sulle popolazioni".

I Patriarchi ed i Capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme oggi, in tutte le Chiese della Terrasanta, invitano i fedeli a pregare per la fine del conflitto nella striscia di Gaza e implorare giustizia e pace per la loro terra. Mi unisco a loro e chiedo anche a voi di fare altrettanto, ricordando, come essi dicono, "le vittime, i feriti, quanti hanno il cuore spezzato, chi vive nell'angoscia e nel timore, perché Dio li benedica con la consolazione, la pazienza e la pace che vengono da Lui".

Le drammatiche notizie che ci giungono da Gaza mostrano quanto il rifiuto del dialogo porti a situazioni che gravano indicibilmente sulle popolazioni ancora una volta vittime dell'odio e della guerra.

La guerra e l'odio non sono la soluzione dei problemi. Lo conferma anche la storia più recente. Preghiamo, dunque, affinché "il Bambino nella mangiatoia... ispiri le autorità e i responsabili di entrambi i fronti, israeliano e palestinese, a un'azione immediata per porre fine all'attuale tragica situazione".

(©L'Osservatore Romano - 5-6 gennaio 2009)

 

 

 

 

http://212.77.1.245/news_services/bulletin/news/23128.php?index=23128&lang=it

LE PAROLE DEL PAPA

Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana in occasione della Solennità dell’Epifania del Signore, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico

 

 

DOPO L’ANGELUS

Rivolgo i miei fervidi auguri ai fratelli e alle sorelle delle Chiese Orientali, che, seguendo il Calendario Giuliano, celebreranno domani il Santo Natale. La memoria della nascita del Salvatore accenda sempre più nei loro cuori la gioia di essere amati da Dio. Il ricordo di questi nostri fratelli nella fede mi conduce spiritualmente in Terra Santa e nel Medio Oriente. Continuo a seguire con viva apprensione i violenti scontri armati in atto nella Striscia di Gaza. Mentre ribadisco che l’odio e il rifiuto del dialogo non portano che alla guerra, vorrei oggi incoraggiare le iniziative e gli sforzi di quanti, avendo a cuore la pace, stanno cercando di aiutare israeliani e palestinesi ad accettare di sedersi attorno ad un tavolo e di parlare. Iddio sostenga l’impegno di questi coraggiosi "costruttori di pace"!

La festa dell’Epifania, in molti Paesi, è anche la festa dei bambini. Un pensiero speciale va quindi a tutti i bambini, che sono la ricchezza e la benedizione del mondo, e soprattutto ai tanti a cui è negata un’infanzia serena. Desidero, in particolare, attirare l’attenzione sulle decine di bambini e ragazzi che, in questi ultimi mesi, compreso il periodo natalizio, nella Provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo, sono stati sequestrati da bande armate, che hanno attaccato i villaggi e causato anche numerose vittime e feriti. Faccio appello agli autori di tali disumane brutalità, affinché restituiscano i ragazzi alle loro famiglie e al loro futuro di sicurezza e di sviluppo, a cui hanno diritto insieme a quelle care popolazioni. Manifesto al tempo stesso la mia vicinanza spirituale alle Chiese locali, anch’esse colpite nelle persone e nelle opere, mentre esorto i Pastori e i fedeli ad essere forti e saldi nella speranza.

Gli episodi di violenza nei confronti dei ragazzi, che purtroppo si registrano pure in altre parti della terra, appaiono ancor più deprecabili considerando che nel 2009 ricorre il 20° anniversario della Convenzione dei Diritti del Fanciullo: un impegno che la comunità internazionale è chiamata a rinnovare a difesa, tutela e promozione dell’infanzia del mondo intero. Il Signore aiuti quanti – e sono innumerevoli! – operano quotidianamente al servizio delle nuove generazioni, aiutandole ad essere protagoniste del loro futuro. Inoltre, la Giornata dell’Infanzia Missionaria, che si celebra nell’odierna festa dell’Epifania, è opportuna occasione per porre in evidenza come i bambini e i ragazzi possano svolgere un ruolo importante nella diffusione del Vangelo e nelle opere di solidarietà verso i loro coetanei più bisognosi. Il Signore li ricompensi!

 

 

 

 

 

 

 

 

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS , 04.01.2009

 

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

# PRIMA DELL’ANGELUS

# DOPO L’ANGELUS

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

# PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

la liturgia ripropone oggi alla nostra meditazione lo stesso Vangelo proclamato nel giorno di Natale, cioè il Prologo di San Giovanni. Dopo il frastuono dei giorni scorsi con la corsa all’acquisto dei regali, la Chiesa ci invita nuovamente a contemplare il mistero del Natale di Cristo, per coglierne ancor più il significato profondo e l’importanza per la nostra vita. Si tratta di un testo mirabile, che offre una sintesi vertiginosa di tutta la fede cristiana. Parte dall’alto: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Gv 1,1); ed ecco la novità inaudita e umanamente inconcepibile: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14a). Non è una figura retorica, ma un’esperienza vissuta! A riferirla è Giovanni, testimone oculare: "Noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità" (Gv 1,14b). Non è la parola dotta di un rabbino o di un dottore della legge, ma la testimonianza appassionata di un umile pescatore che, attratto giovane da Gesù di Nazareth, nei tre anni di vita comune con Lui e con gli altri apostoli ne sperimentò l’amore – tanto da autodefinirsi "il discepolo che Gesù amava" –, lo vide morire in croce e apparire risorto, e ricevette poi con gli altri il suo Spirito. Da tutta questa esperienza, meditata nel suo cuore, Giovanni trasse un’intima certezza: Gesù è la Sapienza di Dio incarnata, è la sua Parola eterna fattasi uomo mortale.

Per un vero Israelita, che conosce le sacre Scritture, questo non è un controsenso, anzi, è il compimento di tutta l’antica Alleanza: in Gesù Cristo giunge a pienezza il mistero di un Dio che parla agli uomini come ad amici, che si rivela a Mosè nella Legge, ai sapienti e ai profeti. Conoscendo Gesù, stando con Lui, ascoltando la sua predicazione e vedendo i segni che Egli compiva, i discepoli hanno riconosciuto che in Lui si realizzavano tutte le Scritture. Come affermerà poi un autore cristiano: "Tutta la divina Scrittura costituisce un unico libro e quest’unico libro è Cristo, parla di Cristo e trova in Cristo il suo compimento" (Ugo di San Vittore, De arca Noe, 2, 8). Ogni uomo e ogni donna ha bisogno di trovare un senso profondo per la propria esistenza. E per questo non bastano i libri, nemmeno le sacre Scritture. Il Bambino di Betlemme ci rivelar e ci comunica il vero "volto" di Dio buono e fedele, che ci ama e non ci abbandona nemmeno nella morte. "Dio, nessuno lo ha mai visto – conclude il Prologo di Giovanni –: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato" (Gv 1,18).

La prima ad aprire il cuore e a contemplare "il Verbo che si fece carne" è stata Maria, la Madre di Gesù. Un’umile ragazza di Galilea è diventata così la "sede della Sapienza"! Come l’apostolo Giovanni, ognuno di noi è invitato ad "accoglierla con sé" (Gv 19,27), per conoscere profondamente Gesù e sperimentarne l’amore fedele e inesauribile. E’ questo il mio augurio per ognuno di voi, cari fratelli e sorelle, all’inizio di questo nuovo anno.

[00012-01.01] [Testo originale: Italiano]

# DOPO L’ANGELUS

I Patriarchi ed i Capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme oggi, in tutte le Chiese della Terrasanta, invitano i fedeli a pregare per la fine del conflitto nella striscia di Gaza e implorare giustizia e pace per la loro terra. Mi unisco a loro e chiedo anche a voi di fare altrettanto, ricordando, come essi dicono, "le vittime, i feriti, quanti hanno il cuore spezzato, chi vive nell'angoscia e nel timore, perché Dio li benedica con la consolazione, la pazienza e la pace che vengono da Lui".

Le drammatiche notizie che ci giungono da Gaza mostrano quanto il rifiuto del dialogo porti a situazioni che gravano indicibilmente sulle popolazioni ancora una volta vittime dell’odio e della guerra.

La guerra e l’odio non sono la soluzione dei problemi. Lo conferma anche la storia più recente. Preghiamo, dunque, affinché "il Bambino nella mangiatoia... ispiri le autorità e i responsabili di entrambi i fronti, israeliano e palestinese, a un’azione immediata per porre fine all’attuale tragica situazione".

Sono lieto di salutare i partecipanti al Congresso internazionale su "Sistema preventivo di Don Bosco e diritti umani", organizzato dai Salesiani. Si tratta di un tema molto importante, perché anche nel campo dei diritti dell’uomo è decisivo l’aspetto educativo. Auguro pertanto un proficuo lavoro ed assicuro la mia preghiera. Accolgo inoltre con gioia i numerosi seminaristi, venuti da diversi Paesi per un incontro formativo del Movimento dei Focolari. Cari giovani, benedico di cuore il vostro cammino: la Vergine Maria vegli sempre su di voi.

 

 

 

 

2009-01-01

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO E NELLA 42a GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

Alle ore 10 di questa mattina, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Celebrazione della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio nell’ottava di Natale e in occasione della 42a Giornata Mondiale della Pace sul tema: "Combattere la povertà, costruire la pace".

Concelebrano con il Papa il Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, il Card. Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, S.E. Mons. Fernando Filoni, Arcivescovo tit. di Volturno, Sostituto della Segreteria di Stato, S.E. Mons. Dominique Mamberti, Arcivescovo tit. di Sagona, Segretario per i Rapporti con gli Stati, S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, Vescovo tit. di Bisarcio, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia nel corso della Santa Messa:

# OMELIA DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli,

Signori Ambasciatori,

cari fratelli e sorelle!

Nel primo giorno dell’anno, la divina Provvidenza ci raduna per una celebrazione che ogni volta ci commuove per la ricchezza e la bellezza delle sue corrispondenze: il Capodanno civile s’incontra con il culmine dell’ottava di Natale, in cui si celebra la Divina Maternità di Maria, e questo incontro trova una sintesi felice nella Giornata Mondiale della Pace. Nella luce del Natale di Cristo, mi è gradito rivolgere a ciascuno i migliori auguri per l’anno appena iniziato. Li porgo, in particolare, al Cardinale Renato Raffaele Martino ed ai suoi collaboratori del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, con speciale riconoscenza per il loro prezioso servizio. Li porgo, al tempo stesso, al Segretario di Stato, Cardinale Tarcisio Bertone, e all’intera Segreteria di Stato; come pure, con viva cordialità, ai Signori Ambasciatori presenti oggi in gran numero. I miei voti fanno eco all’augurio che il Signore stesso ci ha appena indirizzato, nella liturgia della Parola. Una Parola che, a partire dall’avvenimento di Betlemme, rievocato nella sua concretezza storica dal Vangelo di Luca (2,16-21), e riletto in tutta la sua portata salvifica dall’apostolo Paolo (Gal 4,4-7), diventa benedizione per il popolo di Dio e per l’intera umanità.

Viene così portata a compimento l’antica tradizione ebraica della benedizione (Nm 6,22-27): i sacerdoti d’Israele benedicevano il popolo "ponendo su di esso il nome" del Signore. Con una formula ternaria – presente nella prima lettura – il sacro Nome veniva invocato per tre volte sui fedeli, quale auspicio di grazia e di pace. Questa remota usanza ci riporta ad una realtà essenziale: per poter camminare sulla via della pace, gli uomini e i popoli hanno bisogno di essere illuminati dal "volto" di Dio ed essere benedetti dal suo "nome". Proprio questo si è avverato in modo definitivo con l’Incarnazione: la venuta del Figlio di Dio nella nostra carne e nella storia ha portato una irrevocabile benedizione, una luce che più non si spegne e che offre ai credenti e agli uomini di buona volontà la possibilità di costruire la civiltà dell’amore e della pace.

Il Concilio Vaticano II ha detto, a questo riguardo, che "con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo" (Gaudium et spes, 22). Questa unione è venuta a confermare l’originario disegno di un’umanità creata ad "immagine e somiglianza" di Dio. In realtà, il Verbo incarnato è l’unica immagine perfetta e consustanziale del Dio invisibile. Gesù Cristo è l’uomo perfetto. "In Lui - osserva ancora il Concilio - la natura umana è stata assunta…, perciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime" (ibid.). Per questo la storia terrena di Gesù, culminata nel mistero pasquale, è l’inizio di un mondo nuovo, perché ha realmente inaugurato una nuova umanità, capace, sempre e solo con la grazia di Cristo, di operare una "rivoluzione" pacifica. Una rivoluzione non ideologica ma spirituale, non utopistica ma reale, e per questo bisognosa di infinita pazienza, di tempi talora lunghissimi, evitando qualunque scorciatoia e percorrendo la via più difficile: la via della maturazione della responsabilità nelle coscienze.

Cari amici, questa è la via evangelica alla pace, la via che anche il Vescovo di Roma è chiamato a riproporre con costanza ogni volta che mette mano all’annuale Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace. Percorrendo questa strada occorre talvolta ritornare su aspetti e problematiche già affrontati, ma così importanti da richiedere sempre nuova attenzione. E’ il caso del tema che ho scelto per il Messaggio di quest’anno: "Combattere la povertà, costruire la pace". Un tema che si presta a un duplice ordine di considerazioni, che ora posso solo brevemente accennare. Da una parte la povertà scelta e proposta da Gesù, dall’altra la povertà da combattere per rendere il mondo più giusto e solidale.

Il primo aspetto trova il suo contesto ideale in questi giorni, nel tempo di Natale. La nascita di Gesù a Betlemme ci rivela che Dio ha scelto la povertà per se stesso nella sua venuta in mezzo a noi. La scena che i pastori videro per primi, e che confermò l’annuncio fatto loro dall’angelo, è quella di una stalla dove Maria e Giuseppe avevano cercato rifugio, e di una mangiatoia in cui la Vergine aveva deposto il Neonato avvolto in fasce (cfr Lc 2,7.12.16). Questa povertà Dio l’ha scelta. Ha voluto nascere così – ma potremmo subito aggiungere: ha voluto vivere, e anche morire così. Perché? Lo spiega in termini popolari sant’Alfonso Maria de’ Liguori, in un cantico natalizio, che tutti in Italia conoscono: "A Te, che sei del mondo il Creatore, mancano panni e fuoco, o mio Signore. Caro eletto pargoletto, quanto questa povertà più m’innamora, giacché ti fece amor povero ancora". Ecco la risposta: l’amore per noi ha spinto Gesù non soltanto a farsi uomo, ma a farsi povero. In questa stessa linea possiamo citare l’espressione di san Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi: "Conoscete infatti – egli scrive – la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (8,9). Testimone esemplare di questa povertà scelta per amore è san Francesco d’Assisi. Il francescanesimo, nella storia della Chiesa e della civiltà cristiana, costituisce una diffusa corrente di povertà evangelica, che tanto bene ha fatto e continua a fare alla Chiesa e alla famiglia umana. Ritornando alla stupenda sintesi di san Paolo su Gesù, è significativo – anche per la nostra riflessione odierna – che sia stata ispirata all’Apostolo proprio mentre stava esortando i cristiani di Corinto ad essere generosi nella colletta in favore dei poveri. Egli spiega: "Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza" (8,13).

E’ questo un punto decisivo, che ci fa passare al secondo aspetto: c’è una povertà, un’indigenza, che Dio non vuole e che va "combattuta" – come dice il tema dell’odierna Giornata Mondiale della Pace; una povertà che impedisce alle persone e alle famiglie di vivere secondo la loro dignità; una povertà che offende la giustizia e l’uguaglianza e che, come tale, minaccia la convivenza pacifica. In questa accezione negativa rientrano anche le forme di povertà non materiale che si riscontrano pure nelle società ricche e progredite: emarginazione, miseria relazionale, morale e spirituale (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, 2). Nel mio Messaggio ho voluto ancora una volta, sulla scia dei miei Predecessori, considerare attentamente il complesso fenomeno della globalizzazione, per valutarne i rapporti con la povertà su larga scala. Di fronte a piaghe diffuse quali le malattie pandemiche (ivi, 4), la povertà dei bambini (ivi, 5) e la crisi alimentare (ivi, 7), ho dovuto purtroppo tornare a denunciare l’inaccettabile corsa ad accrescere gli armamenti. Da una parte si celebra la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, e dall’altra si aumentano le spese militari, violando la stessa Carta delle Nazioni Unite, che impegna a ridurle al minimo (cfr art. 26). Inoltre, la globalizzazione elimina certe barriere, ma può costruirne di nuove (Messaggio cit., 8), perciò bisogna che la comunità internazionale e i singoli Stati siano sempre vigilanti; bisogna che non abbassino mai la guardia rispetto ai pericoli di conflitto, anzi, si impegnino a mantenere alto il livello della solidarietà. L’attuale crisi economica globale va vista in tal senso anche come un banco di prova: siamo pronti a leggerla, nella sua complessità, quale sfida per il futuro e non solo come un’emergenza a cui dare risposte di corto respiro? Siamo disposti a fare insieme una revisione profonda del modello di sviluppo dominante, per correggerlo in modo concertato e lungimirante? Lo esigono, in realtà, più ancora che le difficoltà finanziarie immediate, lo stato di salute ecologica del pianeta e, soprattutto, la crisi culturale e morale, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo.

Occorre allora cercare di stabilire un "circolo virtuoso" tra la povertà "da scegliere" e la povertà "da combattere". Si apre qui una via feconda di frutti per il presente e per il futuro dell’umanità, che si potrebbe riassumere così: per combattere la povertà iniqua, che opprime tanti uomini e donne e minaccia la pace di tutti, occorre riscoprire la sobrietà e la solidarietà, quali valori evangelici e al tempo stesso universali. Più in concreto, non si può combattere efficacemente la miseria, se non si fa quello che scrive san Paolo ai Corinzi, cioè se non si cerca di "fare uguaglianza", riducendo il dislivello tra chi spreca il superfluo e chi manca persino del necessario. Ciò comporta scelte di giustizia e di sobrietà, scelte peraltro obbligate dall’esigenza di amministrare saggiamente le limitate risorse della terra. Quando afferma che Gesù Cristo ci ha arricchiti "con la sua povertà", san Paolo offre un’indicazione importante non solo sotto il profilo teologico, ma anche sul piano sociologico. Non nel senso che la povertà sia un valore in sé, ma perché essa è condizione per realizzare la solidarietà. Quando Francesco d’Assisi si spoglia dei suoi beni, fa una scelta di testimonianza ispiratagli direttamente da Dio, ma nello stesso tempo mostra a tutti la via della fiducia nella Provvidenza. Così, nella Chiesa, il voto di povertà è l’impegno di alcuni, ma ricorda a tutti l’esigenza del distacco dai beni materiali e il primato delle ricchezze dello spirito. Ecco dunque il messaggio da raccogliere oggi: la povertà della nascita di Cristo a Betlemme, oltre che oggetto di adorazione per i cristiani, è anche scuola di vita per ogni uomo. Essa ci insegna che per combattere la miseria, tanto materiale quanto spirituale, la via da percorrere è quella della solidarietà, che ha spinto Gesù a condividere la nostra condizione umana.

Cari fratelli e sorelle, penso che la Vergine Maria si sia posta più di una volta questa domanda: perché Gesù ha voluto nascere da una ragazza semplice e umile come me? E poi, perché ha voluto venire al mondo in una stalla ed avere come prima visita quella dei pastori di Betlemme? La risposta Maria l’ebbe pienamente alla fine, dopo aver deposto nel sepolcro il corpo di Gesù, morto e avvolto in fasce (cfr Lc 23,53). Allora comprese appieno il mistero della povertà di Dio. Comprese che Dio si era fatto povero per noi, per arricchirci della sua povertà piena d’amore, per esortarci a frenare l’ingordigia insaziabile che suscita lotte e divisioni, per invitarci a moderare la smania di possedere e ad essere così disponibili alla condivisione e all’accoglienza reciproca. A Maria, Madre del Figlio di Dio fattosi nostro fratello, rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera, perché ci aiuti a seguirne le orme, a combattere e vincere la povertà, a costruire la vera pace, che è opus iustitiae. A Lei affidiamo il profondo desiderio di vivere in pace che sale dal cuore della grande maggioranza delle popolazioni israeliana e palestinese, ancora una volta messe a repentaglio dalla massiccia violenza scoppiata nella striscia di Gaza in risposta ad altra violenza. Anche la violenza, anche l’odio e la sfiducia sono forme di povertà – forse le più tremende – "da combattere". Che esse non prendano il sopravvento! In tal senso i Pastori di quelle Chiese, in questi tristi giorni, hanno fatto udire la loro voce. Insieme ad essi e ai loro carissimi fedeli, soprattutto quelli della piccola ma fervente parrocchia di Gaza, deponiamo ai piedi di Maria le nostre preoccupazioni per il presente e i timori per il futuro, ma altresì la fondata speranza che, con il saggio e lungimirante contributo di tutti, non sarà impossibile ascoltarsi, venirsi incontro e dare risposte concrete all’aspirazione diffusa a vivere in pace, in sicurezza, in dignità. Diciamo a Maria: accompagnaci, celeste Madre del Redentore, lungo tutto l’anno che oggi inizia, e ottieni da Dio il dono della pace per la Terrasanta e per l’intera umanità. Santa Madre di Dio, prega per noi. Amen.

[00001-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0001-XX.01]

 

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